La Commissione nazionale per i diritti umani: un adempimento non più rinviabile
Il 23 maggio 2021, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio dichiarava in una nota diffusa alle agenzie di stampa che “Non possiamo più temporeggiare sulla legge relativa all’istituzione della Commissione nazionale per la protezione dei diritti umani”. Il nostro Paese temporeggia in effetti almeno dal 1993, quando furono adottati i Principles relating to the Status of National Institutions, più noti come Principi di Parigi, che disciplinano – seppur in termini generali, lasciando ampi margini di discrezionalità agli Stati – la composizione, il funzionamento e i metodi di lavoro delle istituzioni nazionali per i diritti umani (national human rights institutions, NHRI). Benché i Principi di Parigi non offrano una definizione di tali istituzioni, da essi emerge che le NHRI sono enti pubblici indipendenti incaricati di promuovere e tutelare i diritti umani a livello nazionale; una caratterizzazione che consente di ricomprendere istituzioni molto diverse tra loro, nate anche prima dell’adozione dei Principi, e plasmate dal particolare contesto storico, politico-istituzionale e socio-economico di ciascun Paese. I Principi di Parigi si limitano quindi a stabilire pochi, fondamentali requisiti perché un ente possa essere considerato una NHRI: ampio mandato di promozione e protezione dei diritti umani; costituzione dell’ente per via legislativa; composizione pluralista dell’ente e cooperazione con la società civile; risorse adeguate e non soggette a controllo governativo; nomina dei membri presidiata da appropriate garanzie di indipendenza, inclusa la specificazione della durata dell’incarico in atto ufficiale.
Nonostante i Principi di Parigi non costituiscano uno strumento vincolante, ma l’esito di un workshop che vide la partecipazione dei rappresentanti delle NHRI esistenti, di vari governi e diverse agenzie ONU, essi furono immediatamente avallati dall’allora Commissione ONU per i diritti umani (dal 2006 sostituita dal Consiglio per i diritti umani) e dall’Assemblea generale (con risoluzione 48/134, adottata senza voto il 20 dicembre 1993). Da allora, l’Assemblea generale e il Consiglio per i diritti umani regolarmente adottano risoluzioni che sollecitano gli Stati alla creazione di NHRI conformi ai Principi di Parigi; la medesima raccomandazione si ritrova, nell’ambito delle Nazioni Unite, nei rapporti degli Special Rapporteur, negli esiti della Revisione periodica universale e nelle osservazioni conclusive dei comitati di controllo (human rights treaty bodies). I comitati di controllo, in particolare, hanno ripetutamente chiarito – nelle loro osservazioni conclusive, nei loro commenti generali, e in altri documenti – di considerare le NHRI essenziali per l’effettiva e completa attuazione dei rispettivi trattati negli Stati parte; inoltre, due recenti strumenti – il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità – prescrivono espressamente la costituzione di “meccanismi” o “strutture” nazionali, per la disciplina dei quali agli Stati è richiesto di tenere in adeguata considerazione i Principi di Parigi. Si noti, infine, che le NHRI interagiscono regolarmente con una molteplicità di organi e agenzie ONU1, nonché di altre organizzazioni internazionali (quali, per limitarsi al livello europeo, il Consiglio d’Europa e l’OSCE): trasmettendo rapporti indipendenti, partecipando a dibattiti, prestando assistenza ai meccanismi internazionali durante le loro visite negli Stati parte, monitorando l’attuazione delle raccomandazioni emanate dagli stessi meccanismi internazionali. Cosicché la mancata costituzione di una NHRI produce inevitabilmente effetti (non positivi) sulla partecipazione del Paese in questione alla vita di tali organizzazioni internazionali.
Il Governo italiano è, d’altra parte, pienamente conscio dell’importanza della creazione di una NHRI nel nostro Paese: ha infatti sempre accettato le relative raccomandazioni ricevute nell’ambito dei tre cicli di Revisione periodica universale cui l’Italia è stata sinora sottoposta2 (45 raccomandazioni solo nell’ultimo ciclo); fatto riferimento all’intenzione di creare una NHRI nei rapporti periodici trasmessi a molteplici comitati di controllo ONU nel corso degli anni; e assunto un impegno solenne in tal senso in occasione della candidatura del nostro Paese al Consiglio per i diritti umani nel 2007 e nel 2011. Molti altri Paesi si sono dimostrati però ben più tempestivi nel fare seguire alle parole i fatti: ad oggi sono 117 quelli che hanno creato istituzioni almeno parzialmente conformi ai Principi di Parigi3, e tra questi vi sono 23 Stati membri dell’Unione europea. Quanto ai rimanenti, la Cechia può contare su di un “difensore pubblico” indipendente con ampio mandato in materia di diritti umani (pur se non accreditato come NHRI4); la Romania ha creato una NHRI sinora non riconosciuta come conforme ai Principi di Parigi, e per questo attualmente sottoposta a riforma; e solo l’Italia e Malta sono ancora completamente prive di una NHRI.
Questi numeri già offrono una prima risposta all’obiezione frequentemente opposta alla creazione di una NHRI in Italia: ossia che una tale istituzione non sarebbe necessaria perché, nel nostro Paese, già esistono adeguati strumenti di prevenzione e sanzione delle violazioni dei diritti umani (l’obiezione, altresì sollevata, per la quale la creazione di una NHRI in Italia sarebbe inutile perché nel nostro Paese non si verificano violazioni dei diritti umani non viene qui considerata). E invero, le commissioni parlamentari che si occupano di diritti umani, pur potendo svolgere un’importante funzione di monitoraggio dell’operato del governo, non sono evidentemente immuni da motivazioni politiche nell’orientare i propri interventi; il Comitato interministeriale per i diritti umani, per quanto autorevole, rimane un organo dell’esecutivo; i difensori civici, nel nostro Paese, non hanno generalmente esplicito e ampio mandato in materia di promozione e tutela dei diritti umani, e la loro competenza è limitata al livello regionale o locale5; mentre talune autorità amministrative indipendenti, quali il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, tutelano e promuovono i diritti di alcuni specifici gruppi vulnerabili, senza essere investite di un mandato onnicomprensivo. Infine, il sistema giudiziario e le NHRI – entrambi indipendenti rispetto al resto dell’apparato statale – svolgono funzioni non del tutto sovrapponibili: in particolare, le corti sono chiamate ad applicare le norme a tutela dei diritti umani nei casi loro sottoposti, ad esclusione di altre funzioni (consultive, di advocacy, di monitoraggio generale, di formazione) che sono tipicamente attribuite alle NHRI. Ancora, quando le NHRI sono incaricate di ricevere denunce individuali di violazione dei diritti (la c.d. funzione quasi-giudiziale delle NHRI), esse non sono generalmente vincolate da regole stringenti in materia di legittimazione, ammissibilità e termini, e possono quindi procedere in modo più spedito e flessibile; d’altra parte, le decisioni delle NHRI all’esito di tali procedure hanno spesso valore di raccomandazione, o comunque non sono circondate dall’apparato sanzionatorio che accompagna le statuizioni dell’autorità giudiziaria. Dal momento che margini di potenziale interferenza tuttavia esistono tra le attività della NHRI e quelle di altre componenti dell’infrastruttura nazionale per i diritti umani, è bene che la legge istitutiva della NHRI chiarisca precisamente i contorni delle competenze di ciascuno, in particolare per quanto riguarda i rapporti tra la NHRI e l’autorità giudiziaria.
Gli impegni assunti a livello internazionale, l’esempio degli altri Paesi e la complementarità delle NHRI rispetto ad altri organismi nazionali sono ben presenti al Parlamento italiano, che dibatte della costituzione di una NHRI nel nostro Paese dagli anni ‘90, e con intensificata frequenza dagli anni 2000. Proposte sono state depositate nelle scorse legislature da esponenti di coalizioni tanto di centro-sinistra quanto di centro-destra; con differenze anche rilevanti sotto vari profili, che però non appaiono generalmente legate a ragioni politiche. E così, dal punto di vista della composizione dell’istituenda NHRI, alcune proposte prevedevano un’ampia commissione consultiva, formata da rappresentanti delle organizzazioni non governative attive in materia di diritti umani, delle professioni e dell’università; questi, a seconda dei casi, erano selezionati dalle rispettive organizzazioni di appartenenza ovvero dal Parlamento. Altre proposte propendevano per una membership più ristretta, di tre o cinque commissari eletti dal Parlamento, supportati o meno da un più ampio “consiglio” che consentisse l’interlocuzione con esponenti della società civile.
Quanto alle funzioni che la Commissione avrebbe esercitato, la gran parte dei disegni di legge delineava un sistema di ampie competenze tanto di promozione quanto di tutela dei diritti umani; tuttavia, solo alcuni includevano, tra tali competenze, l’esame di casi individuali di violazione dei diritti umani, e facevano da tale esame dipendere conseguenze diverse (in taluni disegni di legge era infatti previsto che la Commissione potesse solo segnalare presunti reati all’autorità giudiziaria; in altri la procedura di esame si concludeva con l’adozione di una formale decisione della Commissione sul caso sottopostole, con la previsione di una scadenza entro la quale l’autore della violazione doveva porvi termine, e con la possibile comminazione di sanzioni in caso di violazioni gravi). Si noti, a questo punto, che i Principi di Parigi considerano la funzione quasi-giudiziale delle NHRI come opzionale: ciononostante, nel tempo è cresciuto il numero di istituzioni investite di tale funzione, che è considerata sempre più rilevante anche in termini di conoscibilità e legittimazione della NHRI agli occhi dei cittadini. Trattasi però di una funzione il cui esercizio richiede consistenti risorse finanziarie e umane: in assenza di queste, il rischio – molto concreto – è che la NHRI sia investita di aspettative che essa non può soddisfare, con conseguente perdita di credibilità nei confronti dell’opinione pubblica. Ulteriori differenze nelle proposte di legge concernevano i soggetti nei confronti dei quali la Commissione avrebbe potuto esercitare i propri poteri (solo pubbliche amministrazioni, ovvero anche soggetti privati); e le risorse umane e finanziarie messe a disposizione dell’ente, caratterizzate entrambe da un trend negativo nel corso del tempo (da uno stanziamento di 15 milioni di euro annui in una proposta di legge del 2004 si è giunti a un budget di 370.000 euro in una proposta del 2014; mentre i 100 membri dell’ufficio a supporto della Commissione nella proposta approvata dalla Camera dei deputati nel 2007 erano diventati 10 nella proposta approvata dal Senato nel 2011). Ad ogni modo, la maggior parte delle proposte di legge per la creazione di una NHRI italiana non superarono la fase dell’esame in commissione; solo nel 2007 (Governo Prodi II) e nel 2011 (Governo Berlusconi IV, che presentò un proprio disegno di legge) i rilevanti testi furono approvati da parte di un ramo del Parlamento, senza però essere esaminati dall’altro entro il termine della legislatura.
Nella legislatura corrente, varie proposte di legge sono state depositate per l’istituzione di una Commissione nazionale per i diritti umani dal Partito Democratico e dal MoVimento 5 Stelle; due di queste (C. 855 Quartapelle Procopio e C. 1323 Scagliusi) sono confluite in un testo base insieme a una terza proposta (C. 1794 Brescia) relativa all’istituzione di un’Autorità garante per il contrasto delle discriminazioni. Il nuovo testo è attualmente in corso d’esame nella I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati; durante l’ultima seduta in cui il testo è stato discusso, il 13 gennaio 2021, sono state presentate circa 930 proposte di emendamento (principalmente dalla Lega), e il suo esame è stato rinviato.
Il nuovo testo base non si discosta radicalmente dalle proposte presentate nelle legislature precedenti, optando per una Commissione formata da cinque membri di riconosciuta indipendenza e competenza nella materia dei diritti umani, di nomina parlamentare6, con incarico di cinque anni non rinnovabile; un forum permanente che vede la partecipazione di organizzazioni della società civile e deve essere consultato almeno ogni sei mesi dalla Commissione; un mandato ampio di promozione e tutela dei diritti umani – dal generale monitoraggio della situazione dei diritti umani nel nostro Paese alla formulazione di raccomandazioni a Governo e Parlamento, dalla sensibilizzazione dell’opinione pubblica alla promozione di percorsi educativi e formativi – che comprende altresì l’esame di “segnalazioni relative a specifiche violazioni” (con esiti non vincolanti7), nonché l’assistenza in giudizio in favore di chi si ritenga vittima di discriminazione e la conduzione di “inchieste”; poteri di accesso a informazioni, banche dati e archivi, nonché di ispezione e verifica in particolare per il riscontro delle segnalazioni individuali; un ufficio di 30 persone a supportare l’attività della Commissione; e risorse finanziarie pari a 2.500.000 euro annui.
Nonostante l’impianto generale della proposta e la gran parte delle sue disposizioni risultino conformi ai Principi di Parigi (costituendo peraltro un progresso rispetto a precedenti versioni delle stesse proposte), alcuni profili di criticità permangono. Tra questi, la norma relativa alla revoca dei membri della Commissione non appare ancorata a criteri sufficientemente oggettivi, facendosi riferimento a “manifeste violazioni dei doveri di ufficio e della garanzia di indiscussa moralità e integrità”8; quanto al forum, per quanto un’interlocuzione costante con la società civile sia quanto mai opportuna, il fatto che il confronto si appunti “sull’operato della Commissione”, piuttosto che sullo stato dei diritti umani nel nostro Paese, presenta il rischio di indebiti condizionamenti; le procedure di gestione delle segnalazioni individuali e gli esiti di tali procedure non appaiono disciplinati nel dettaglio; il regolamento interno della Commissione dovrebbe essere adottato dalla medesima, piuttosto che di concerto da vari ministeri9; la previsione per la quale il personale dell’ufficio sarebbe inizialmente costituito da personale dipendente di altre amministrazioni, e in un secondo momento sostituito da nuovo personale assunto tramite concorso, non appare la soluzione preferibile, anche alla luce della tendenza italiana al cristallizzarsi di situazioni che dovrebbero essere temporanee; infine, il budget di 2.500.000 annui appare verosimilmente insufficiente a garantire l’efficace esercizio della molteplicità di funzioni attribuite alla Commissione, e particolarmente della sua funzione quasi-giudiziale, con i rischi sopra citati10. Rimane che molti di questi e ulteriori aspetti sono agevolmente superabili tramite modifiche al testo in discussione o interventi successivi; e che il principale ostacolo alla creazione di una NHRI conforme ai Principi di Parigi nel nostro Paese è costituito dalla mancanza di volontà politica, che per oltre 20 anni ha impedito l’approvazione di proposte di legge a parole sostenute dalla gran parte dell’arco parlamentare.
(Autrice di questo Bollettino è Chiara Tea Antoniazzi)
1 Oltre ai già menzionati comitati di controllo e al Consiglio dei diritti umani (con i suoi organi sussidiari), le NHRI collaborano, tra gli altri, con la Commissione sulla condizione delle donne, il Gruppo di lavoro aperto sull’invecchiamento, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e il Forum di revisione della migrazione internazionale.
2 Nel corso del primo ciclo il Governo rifiutò tuttavia una raccomandazione che invitava l’Italia a creare una NHRI entro una precisa scadenza (la fine del 2010), adducendo come ragione il principio della separazione dei poteri e l’impossibilità per il Governo di impegnare il Parlamento ad approvare una legge in materia entro una specifica data.
3 Un elenco aggiornato è disponibile sul sito della Global Alliance of National Human Rights Institutions, che riunisce a livello internazionale le NHRI e ne certifica (sulla base di un meccanismo di peer review) la conformità ai Principi di Parigi: al giugno 2021, 84 istituzioni risultano totalmente conformi ai Principi, e 33 parzialmente conformi.
4 Sull’accreditamento delle NHRI, si veda la nota precedente.
5 Proposte di legge per l’istituzione di un difensore civico nazionale sono ciclicamente presentate, ad oggi senza esito.
6 Sul punto, per il vero, il testo è poco chiaro, facendo riferimento a una nomina “con determinazione adottata d’intesa dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, a maggioranza dei due terzi dei rispettivi componenti”; tra le proposte di emendamento, una prevede la nomina d’intesa da parte dei Presidenti delle due Camere nell’ambito di un elenco di nomi indicati dalle commissioni parlamentari competenti a maggioranza dei due terzi dei rispettivi componenti, mentre una seconda introduce l’elezione a maggioranza dei due terzi dei componenti del Senato e della Camera dei deputati.
7 Ai sensi dell’art. 5(2) della proposta, “La Commissione può chiedere la collaborazione delle amministrazioni dello Stato e di altri soggetti pubblici nonché invitare le autorità competenti ad adottare misure per il ripristino dei diritti delle persone che abbiano subìto una violazione dei propri diritti umani fondamentali o atti discriminatori”.
8 Perlomeno, è stato eliminato ogni riferimento a una “procedura di controllo” di metà mandato che, nell’originaria versione della proposta C. 1323, era volta ad “accertare l’eventuale sopravvenuta mancanza dei requisiti e delle qualità prescritti per la nomina e […] valutare l’efficacia delle determinazioni adottate e dei risultati ottenuti, in funzione di un’eventuale riconferma degli incarichi o di una loro revoca”. Previsione chiaramente incompatibile con l’indipendenza della Commissione e dei suoi membri così come tutelata dai Principi di Parigi.
9 Secondo l’attuale art. 4(3), “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e sentita la Commissione, è adottato, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il regolamento concernente il funzionamento, la dotazione organica, l’organizzazione interna, i bilanci, i rendiconti e la gestione delle spese, le funzioni del direttore dell’ufficio di segreteria nonché le procedure e le modalità di reclutamento del personale dell’ufficio”.
10 Per fare due soli esempi di NHRI europee che esercitano funzioni quasi-giudiziali, la Equality and Human Rights Commission della Gran Bretagna ha potuto contare, nel 2019/2020, su 206 unità di personale e un budget di oltre 18 milioni di sterline (già considerevolmente inferiore ai 70 milioni di sterline originariamente stanziati annualmente per la Commissione); mentre al Defensor del Pueblo spagnolo è stato assegnato un budget di oltre 15 milioni di euro nel 2020.