Bollettino n. 22 – ottobre 2017

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Verso l’istituzione di un Pubblico Ministero Europeo

1) La base normativa della proposta di istituzione di un Pubblico Ministero Europeo.

In attuazione dell’art. 86 del Trattato di Lisbona la Commissione europea ha varato il 17 luglio 2013 una proposta di regolamento finalizzata all’istituzione dell’ufficio del Pubblico Ministero europeo (European Public Prosecutor Office – EPPO)1, con una competenza limitata alla individuazione, al perseguimento e al rinvio a giudizio, dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati membri, degli autori di reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione (reati di frode, corruzione, riciclaggio, contrabbando di diritti doganali, evasione dell’IVA, ecc.), così come definiti nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta alle frodi in danno del bilancio dell’Unione, elaborata dalla Commissione l’11 luglio 2012 ed in seguito definitivamente approvata, dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione europea, il 5 luglio 20172.

L’art. 86, par. 1 del Trattato di Lisbona ha sostanzialmente ripreso il testo dell’art. III-274 del Trattato costituzionale del 29 ottobre 2004, sottoscritto ma non ratificato né entrato in vigore fra gli Stati membri dell’UE, e ha espressamente introdotto una base giuridica per l’istituzione del Pubblico ministero europeo, stabilendo che per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, il Consiglio, deliberando mediante regolamenti da adottare secondo una procedura legislativa speciale, può istituire una Procura europea “a partire da Eurojust”. La deliberazione deve essere adottata all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo. In mancanza di tale requisito è prevista la possibilità, per un gruppo di almeno nove Stati membri, di instaurare una procedura di cooperazione rafforzata a norma degli artt. 20, par. 2 e 329, par. 1, TUE, informandone il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione.

Nell’impostazione accolta dal Trattato, dunque, l’istituzione della Procura europea tende a realizzare, sia pure inizialmente con riguardo alle sole esigenze di tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, l’obiettivo di una direzione centralizzata delle indagini e dell’azione penale, attraverso un’attività istruttoria da svolgere direttamente sull’intera area territoriale dell’UE, senza la preventiva intermediazione delle autorità giudiziarie nazionali.

2. Le ragioni storiche della proposta…….

L’idea di una Procura “centralizzata” a livello europeo, aleggiante ormai da circa un quindicennio nelle riflessioni politiche e nel dibattito dottrinale, prende corpo dalla diffusa preoccupazione di porre un argine alla penetrazione della criminalità transnazionale, le cui illecite attività sono state per certi versi facilitate dall’abolizione delle frontiere a seguito degli Accordi di Schengen del 14 giugno 1985, mentre era largamente avvertita la convinzione che l’efficacia dell’attività di contrasto posta in essere dagli organi giudiziari e di polizia rischiasse di rimanere imbrigliata entro il perimetro dei confini statali e ostacolata dalle sensibili differenze fra le legislazioni dei vari Stati membri dell’UE.

Già nel 1997, infatti, un gruppo di studiosi di diversi Paesi, sotto la direzione della Prof.ssa M. Delmas–Marty, aveva tracciato un progetto delle possibili forme e caratteristiche di tale organismo, non solo sotto il profilo istituzionale, ma anche per la struttura dell’ufficio, le modalità di conduzione dell’attività investigativa – comunque limitata alla tutela degli interessi finanziari comunitari – e i rapporti con le autorità giudiziarie nazionali.

Nonostante il notevole interesse suscitato dalla proposta di creazione della Procura europea contenuta nel Corpus iuris del 19973, il Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999 non prese in considerazione la possibilità di istituire tale organismo, optando per la scelta più “morbida” di configurare una Unità di cooperazione giudiziaria composta di magistrati (Eurojust), con il compito di agevolare il “buon coordinamento” tra le autorità nazionali responsabili dell’azione penale, e di “prestare assistenza nelle indagini” riguardanti i casi di criminalità organizzata, cooperando strettamente con la Rete giudiziaria europea, allo scopo di semplificare l’esecuzione delle domande di assistenza giudiziaria.

3. Segue: …. e il suo iniziale contenuto.

Nella proposta inizialmente elaborata dalla Commissione la struttura dell’organo è decentralizzata e “leggera”: essa comprende, da un lato, un ufficio centrale formato dal Procuratore europeo (nominato dal Consiglio con il consenso del Parlamento europeo) e dai suoi quattro sostituti, nominati con le stesse modalità; dall’altro lato, i Procuratori delegati dislocati sul territorio, almeno uno per Stato membro, ai quali è consentito, se lo Stato membro lo dispone, di operare anche come magistrati nazionali, cumulando in tal modo una doppia funzione (principio del cd. “doppio cappello”).

Il tipo di rapporto tra Procuratore europeo, sostituti e Procuratori delegati è marcatamente gerarchico, poiché i sostituti devono operare sotto la supervisione del Procuratore e i delegati devono attenersi alle direttive e agli ordini di quest’ultimo, il quale può spostare il caso o avocarlo a sé e anche disporre la revoca dei delegati quando non presentino più i requisiti per la permanenza nelle funzioni. In caso di conflitto tra i due ruoli, il Procuratore europeo darà loro istruzioni di attribuire priorità alle loro funzioni di Procuratori delegati. Come appartenenti all’ufficio dell’EPPO, essi opereranno sotto la direzione esclusiva del Procuratore europeo, dovendo attenersi ai suoi ordini nella conduzione delle indagini e nelle scelte sull’azione penale.

Le investigazioni dell’EPPO potranno svolgersi sul territorio di tutti gli Stati membri dell’Unione, che viene a tal fine considerato alla stregua di un’unica area giudiziaria. Esse dovranno essere informate al principio di proporzionalità e dovranno rispettare in modo imparziale – ricercando elementi a carico e a discarico – i diritti delle persone indagate così come stabiliti dalla Carta di Nizza, con particolare riferimento all’equità del procedimento e ai diritti della difesa. Inoltre, per quanto non disposto dal regolamento, si applicherà la normativa dello Stato membro sul cui territorio le operazioni sono condotte.

L’EPPO è competente a effettuare le più varie misure investigative (perquisizioni, sequestri dei proventi del reato, intercettazioni di telecomunicazioni, anche informatiche, monitoraggio e congelamento di transazioni finanziare, operazioni sotto-copertura, accesso a pubblici registri nazionali e europei e anche a registri di interesse pubblico tenuti da privati, fino all’arresto e alle misure cautelari), che però dovranno essere autorizzate e/o convalidate dalle autorità giudiziarie interne.

Tali investigazioni saranno in linea di principio svolte dai Procuratori delegati, ma essi, date le loro scarse forze e comunque non usufruendo di propri organi di polizia, dovranno necessariamente fare ricorso al potere di far eseguire le investigazioni dalle competenti autorità nazionali, dando loro istruzioni vincolanti, con il risultato di attribuire a queste ultime, nella sostanza, un ruolo determinante per il funzionamento delle indagini europee. Le prove saranno raccolte osservando le regole dello Stato nel cui territorio tale raccolta o formazione avviene. Esse potranno circolare liberamente in tutti gli Stati, sempreché non violino le regole dell’equità processuale e i diritti di difesa precedentemente ricordati, anche quando il diritto interno preveda condizioni diverse di ammissibilità. Viene, dunque, adottato in proposito un sistema di mutuo riconoscimento, in particolare di tipo “passivo”. Sotto tale profilo, dunque, si è rinunciato a predisporre una disciplina unitaria della prova europea, generalmente applicabile all’attività dell’EPPO, che avrebbe sicuramente avuto il pregio della semplificazione e della chiarezza normativa.

In ordine all’esercizio dell’azione penale, la proposta non fa espresso riferimento al modello dell’obbligatorietà, né introduce specifici controlli sulla scelta di procedere all’archiviazione, con la quale, peraltro, l’EPPO può devolvere il caso all’Olaf (Ufficio europeo antifrode) o ad una competente autorità nazionale, amministrativa o giudiziaria, per eventuali seguiti, amministrativi o di altro tipo.

In ottemperanza a quanto prevede l’art. 86 TFUE, la fase del giudizio si svolge presso le competenti giurisdizioni nazionali facendo applicazione delle regole interne; in questa fase sia il Procuratore europeo che i Procuratori delegati avranno gli stessi poteri degli organi d’accusa nazionali.

La proposta di regolamento prevede inoltre che vi siano rapporti stretti fra l’EPPO e gli altri organismi europei, anzitutto con Eurojust, poiché i due organi dovranno stabilmente incontrarsi per affrontare temi di comune interesse ed Eurojust potrà essere coinvolto e associato, alle attività dell’EPPO che riguardino casi complessi o a dimensione sovranazionale, soprattutto nelle ipotesi, non infrequenti, nelle quali le persone indagate risultino coinvolte sia nella commissione di reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione, sia in altre attività criminose connesse. L’EPPO dovrebbe contare anche sulla disponibilità dei servizi di supporto e delle risorse tecnico-amministrative di Eurojust, potendo accedere a un meccanismo di controllo incrociato automatico della banca dati investigativa di Eurojust (Case Management System), sulla base di specifici accordi che verranno conclusi tra i due organismi.

Speciali rapporti sono previsti anche con Europol, mentre con l’Olaf l’EPPO dovrà concludere uno specifico accordo che fissi le modalità della loro cooperazione per le attività di prevenzione e contrasto agli illeciti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione.

4. Le principali modifiche intervenute nel corso dei negoziati intergovernativi.

La più significativa opera di revisione del testo della proposta è avvenuta il 14 maggio 2014, sotto la Presidenza greca del Consiglio. A essere mutata è la configurazione stessa dell’Ufficio dell’EPPO: resta infatti l’idea di una struttura a due livelli — centrale e periferico — ma mentre quest’ultimo rimane costituito dai procuratori delegati, il primo viene ad essere formato non più da un solo organo a gerarchia “leggera”, bensì da due organi a struttura collegiale (il Collegio, composto dal Procuratore capo europeo, dai suoi sostituti, e dai Procuratori europei, uno per Stato membro, e le Camere permanenti, a loro volta composte dal Procuratore capo o un suo sostituto e da alcuni membri permanenti)4.

La ripartizione di funzioni tra i vari organi dell’ufficio appare estremamente complessa e farraginosa. Al Collegio spetta di monitorare le attività della Procura europea e di prendere decisioni strategiche sulle politiche di gestione delle sue attività repressive, senza essere coinvolto nelle indagini. Le Camere permanenti, a loro volta, devono monitorare le attività investigative e l’esercizio delle azioni penali, assicurando l’attuazione delle decisioni strategiche del Collegio. Esse risultano dunque coinvolte nei singoli casi giudiziari loro assegnati dal Procuratore capo europeo, prendono decisioni sui medesimi, ma non possono gestirli direttamente. La concreta attività investigativa e repressiva è invece demandata ai Procuratori delegati, i quali, a loro volta, possono fare proposte alle Camere permanenti sulle decisioni che esse dovranno prendere, senza avere il potere di prenderle loro stessi. Infine, ai Procuratori europei viene affidata la supervisione delle investigazioni e delle azioni penali che riguardano i loro Stati membri, rappresentando così la cinghia di trasmissione tra la Camera competente e i Procuratori delegati.

Si tratta di una struttura molto complessa e pesante che non sembra rispondere a istanze di efficienza. Il passaggio dal modello gerarchico a quello collegiale fa trasparire, piuttosto, una volontà di controllo dell’attività di repressione europea da parte degli Stati membri, gelosi delle loro prerogative.

Nella stessa direzione sembra andare anche un’altra modifica operata in materia di competenza dell’EPPO: quest’ultima non è più considerata esclusiva, ma concorrente con quella degli Stati membri. Maggiore omogeneità viene invece data al regime delle indagini e delle prove, poiché non viene applicata più la lex loci, ma la legge dello Stato da cui proviene il Procuratore delegato incaricato di svolgere le indagini e promuovere l’azione penale.

Nei testi elaborati durante le successive presidenze si è puntato, soprattutto, sull’esigenza di coordinare le regole di indagine e di avvio dell’azione penale con la nuova struttura dell’EPPO, razionalizzandone alcuni profili attraverso la previsione di un sistema di assegnazione automatica dei casi alle Camere permanenti, così evitando, in linea di principio, il rischio di assegnazioni discrezionali; le Camere vengono dotate di maggiori poteri di direzione, assicurando il coordinamento delle indagini e delle azioni nei casi di rilievo transfrontaliero e individuando lo Stato membro presso il quale si svolgerà il processo (in linea di principio lo Stato di provenienza del Procuratore delegato al quale il caso è assegnato). Assegnazione che spetta sempre alla Camera sulla base di criteri prestabiliti, il più importante dei quali è il locus commissi delicti, con l’effetto, anche in tal caso, di evitare un’eccessiva discrezionalità operativa, con i relativi rischi di forum shopping sul territorio dell’Unione.

5. La mancanza di un accordo unanime fra gli Stati membri e la scelta di procedere con una cooperazione rafforzata.

Il testo normativo elaborato nel 2013 dalla Commissione europea, pur venendo incontro a diffuse esigenze (si stima che ogni anno i bilanci nazionali europei perdano almeno 50 miliardi di euro di IVA versata a causa di frodi transfrontaliere, mentre solo nel 2015, oltre all’ambito dell’IVA, gli Stati membri hanno individuato e segnalato alla Commissione irregolarità fraudolente per un importo di circa 638 milioni di euro), ha suscitato reazioni negative da parte di numerosi Stati membri, che hanno formulato una serie di obiezioni e rilievi critici cui sono seguite diverse riscritture dell’articolato nel corso dei lavori negoziali.

Proprio in conseguenza del mancato raggiungimento di un accordo unanime è stata avviata, il 3 aprile 2017, una procedura di cooperazione rafforzata cui hanno aderito, inizialmente, 18 Stati membri (Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia) e successivamente, in occasione del Consiglio Giustizia ed Affari interni dell’8 giugno 2017, altri 2 Stati (Italia ed Austria), che hanno parimenti manifestato l’intenzione di aderirvi.

In tale occasione, dunque, 20 Stati membri hanno raggiunto un accordo politico sull’istituzione di una Procura europea nel quadro – del tutto inedito – della procedura di cooperazione rafforzata.

Nell’ambito della “procedura di approvazione”, infatti, il Parlamento europeo ha il potere di accettare o di respingere una proposta legislativa con votazione a maggioranza assoluta, ma non ha la possibilità di modificarla.

L’assemblea plenaria del Parlamento europeo, dopo che la Commissione libertà civili aveva già votato a favore a larga maggioranza il 28 settembre 2017, ha definitivamente approvato la proposta il 5 ottobre 2017, raggiungendo un accordo essenziale affinché il Consiglio possa adottare formalmente il regolamento5. La concreta operatività del nuovo istituto è prevista per il periodo ricompreso fra il 2020 e il 2021.

Gli 8 Paesi che non hanno aderito alla procedura di cooperazione rafforzata – Svezia, Paesi Bassi, Malta, Ungheria, Polonia, Regno Unito, Irlanda, Danimarca e Ungheria – potranno farlo in qualsiasi momento.

In ogni caso, nonostante la sua competenza si limiti al rapporto con gli Stati membri partecipanti, l’EPPO, il cui ufficio centrale avrà sede in Lussemburgo, collaborerà con gli altri Stati membri che decideranno di non aderirvi.

6. Conclusioni.

La dimensione storica del nuovo istituto, inizialmente solo evocata nel progetto del Corpus iuris o in documenti programmatici della Commissione europea6, tende progressivamente ad inverarsi non solo sotto la spinta delle pressioni provenienti dall’incremento della capacità operativa di organismi sovranazionali quali Eurojust, Olaf ed Europol, ma anche in considerazione della maggiore incisività delle esigenze di tutela degli interessi finanziari comunitari, per i quali l’art. 325, par. 4, del Trattato di Lisbona viene a sopprimere la tradizionale clausola di limitazione contenuta nel previgente art. 280 del Trattato di Amsterdam, secondo cui le misure necessarie nei settori della lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari comunitari non riguardavano l’applicazione del diritto penale nazionale o l’amministrazione della giustizia negli Stati membri.

Al riguardo, tuttavia, accanto ai pericoli di un’eccessiva frammentazione dello spazio giudiziario europeo ovvero della predisposizione di un meccanismo di tutela penale a “geometria variabile” (poiché il bene tipicamente comunitario degli interessi finanziari rischierebbe di ricevere una più forte protezione da un gruppo ristretto di Stati membri), deve essere considerato il peso oggettivo delle difficoltà legate alla prospettiva di un’accettazione immediata e uniforme di un istituto come quello del Pubblico ministero europeo nei vari ordinamenti nazionali, portatori, non di rado, di tradizioni giuridiche e sensibilità culturali talora divergenti proprio per quel che attiene ai profili della collocazione costituzionale e del ruolo processuale del P.M.

Per altro verso, è agevole rilevare che la possibilità di sviluppare ulteriormente il corso della procedura di cooperazione rafforzata appena avviata tra più Stati membri costituirà, già in una prospettiva di medio termine, un potente fattore di progressiva realizzazione dell’istituto.

Sebbene la proposta di regolamento della Commissione sia indubbiamente orientata a sviluppare un’equilibrata integrazione tra il livello europeo e quello nazionale della cooperazione giudiziaria, è altrettanto vero, tuttavia, che ben difficilmente la nuova struttura dell’EPPO potrà essere costituita e funzionare in modo efficace se non si realizzeranno prima talune condizioni, ed in particolare: 1) l’individuazione di un quadro di criteri certi ed omogenei di prevenzione e risoluzione dei conflitti di giurisdizione; 2) la previsione di un controllo giurisdizionale da parte di un organo indipendente a livello sovranazionale, come la Corte di Giustizia (o una sua Camera interna), in caso di disaccordo tra la Procura europea e gli uffici nazionali del P.M. sulla questione delle competenze in materia di azione penale; 3) la predisposizione di comuni criteri di ammissibilità delle prove (ove si consideri, come evidenziato dallo stesso Parlamento europeo nella sua ultima risoluzione del 5 ottobre 20167, che alcune delle proposte formulate in sede di negoziato intergovernativo sulla richiesta di misure investigative da parte degli Stati membri potrebbero rappresentare, addirittura, un passo indietro rispetto ai, già prudenti, meccanismi di mutuo riconoscimento introdotti dalla direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale); 4) la connessa delineazione di un quadro completo di garanzie difensive generalmente accettate e condivise nelle legislazioni dei diversi Stati membri; 5) un’efficace e piena implementazione dei poteri e delle attribuzioni funzionali dei diversi istituti ed agenzie (Eurojust, Europol Olaf, ecc.) oggi esistenti, con ruoli e dinamiche tendenzialmente sovrapponibili, nei settori della cooperazione giudiziaria e del coordinamento investigativo; 6) la preventiva attuazione nei diversi Stati membri della su citata direttiva sulla lotta contro le frodi e gli altri illeciti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione.

Estremamente opportuno sembrerebbe, infine, provvedere sin da ora, ai sensi dell’art. 86, par. 4, TFUE, a un’estensione della competenza della Procura europea – attualmente limitata alle sole fattispecie di reato oggetto della su indicata direttiva – ad altri reati lesivi di beni collettivi di rilievo europeo, ed in particolare a quelli in materia di terrorismo, come auspicato dal Ministro della Giustizia italiano in una missiva inviata il 24 agosto 2017 alla Commissione europea e alla Presidenza estone del Consiglio dell’Unione Europea, Consiglio dell’Unione Europea, e proposto dallo stesso Presidente della Commissione europea nel Discorso sullo stato dell’Unione pronunciato a Bruxelles il 13 settembre 2017, nel quale ha dichiarato testualmente “Ritengo quanto mai opportuno incaricare la nuova Procura europea di perseguire i reati di terrorismo transfrontaliero”8.

Nello stesso senso si è espressa la relatrice del Parlamento europeo, Barbara Matera, che in occasione del voto finale ha dichiarato: “Grazie all’EPPO, che riunirà il lavoro dei pubblici ministeri nazionali sotto un unico organo europeo, si affronteranno le carenze delle indagini nazionali non coordinate sull’uso improprio dei fondi UE. Si spera che la portata dei poteri dell’EPPO potrà includere nel prossimo futuro anche i reati transfrontalieri come terrorismo e tratta di esseri umani”.

Autore: Cons. Gaetano De Amicis

1 Si tratta del documento COM (2013) 534 final.

2 Cfr. Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2017, in GUUE, 28 luglio 2017, L 198/29.

3 L’ultima, versione del testo, risalente al 2000, è pubblicata in Il Corpus iuris 2000. Un modello di tutela penale dei beni giuridici comunitari, a cura di G. GRASSO e R. SICURELLA, Giuffrè, 2003.

4 Su tali aspetti v. R. Kostoris ( a cura di ), Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, 2017, p. 264 ss.

5 La risoluzione è stata approvata con 456 voti favorevoli, 115 contrari e 60 astensioni.

6 Cfr. il Libro verde elaborato l’11 dicembre 2001 dalla Commissione europea, sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea (COM – 2001 – 715 def.).

7 Sul tema v. V. SCIARABBA, L’istituzione della Procura europea e la cooperazione rafforzata: nuove prospettive?, in www.europeanrights.eu, 31 maggio 2017, p. 50.

Competenze

Postato il

Ottobre 9, 2017

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